Quanto è difficile cambiare!
Cambiare nel profondo, cambiare ciò che siamo, cambiare ciò che possiamo essere.
E’ difficile e faticoso e lo so perché lo vivo in prima persona. Cambiare le
mie abitudini di sempre, cambiare i miei atteggiamenti e le mie risposte,
modificare ciò che sono è una delle sfide più difficili e complesse che devo
affrontare nella mia crescita personale. Ci sono molte cose che vorrei
modificare di me, molte cose che fanno parte della mia persona e del mio modo di essere persona fra le persone. Si dice che basti la volontà per cambiare. Forse è così. Io però credo che non sia così semplice. Cambiare è un processo profondo,
intimo, delicato. Cambiare presuppone la capacità di osservarsi, mettersi in
discussione, comprendere il proprio modo di funzionare e le proprie origini.
Significa indagare la propria infanzia, la propria essenza. Sapere dove si
radicano le nostre paure, i nostri conflitti interiori, le nostre abitudini
comportamentali e i nostri atteggiamenti. Cambiare significa avviarsi sulla
strada della conoscenza. E conoscere se stessi è un’incognita che mette paura
perché può portare verso luce ma anche verso l’oscurità e allora non sappiamo mai se vogliamo conoscerci fino in fondo, non sappiamo mai se vogliamo capire e per questo alziamo barriere, difese, muri. Per questo diciamo "Io sono così, prendere o lasciare!". Ma noi, profondamente, sappiamo davvero come è quel COSI'? Sappiamo per primi accettare quel che siamo? Sappiamo affrontare tutto quello che il nostro modo di essere comporta? Conoscersi significa capirsi per
migliorarsi, per amarsi, per smussare gli angoli, per cucire le ferite.
Ascoltarsi significa entrare nella nostra solitudine, fermarci e vedere oltre.
Noi educatori ci incamminiamo
ogni giorno sulla strada del cambiamento con l’obiettivo di “educere”, tirar
fuori dall’altro ciò che di meglio può essere. Partiamo, inciampiamo, a volte vinciamo e altre veniamo sconfitti. Molti di noi si lanciano a testa bassa,
perseverano, non si fermano. Altri gettano la spugna, si arrendono in fretta,
riversano colpe sugli altri ma pochi, pochissimi, fanno il viaggio inverso.
Pochi si fermano e si ascoltano. Pochi leggono dentro di sé, leggono sé per comprendersi prima di comprendere, per
cambiarsi prima di cambiare, per evolversi prima di evolvere.
“L’educatore è innanzitutto ciò
che è, poi ciò che fa e infine ciò che dice”. Questa è la prima cosa che ho
imparato nel mio percorso di studi. Ma quanti
di noi sanno veramente chi sono? Quanti cercano di scoprirlo? Di scoprire sé
stessi attraverso gli occhi degli altri, abbassando le difese, uscendo alla
scoperta, sollevando il coperchio del vaso di Pandora per svuotarlo e
ricominciare da capo? Quanti affrontano con coraggio questa via? Educatori di professione. Educatori per passione. Educatori per scelta oppure no. Persone chiamate al grande compito di trasmettere se stessi agli altri, alle future generazioni. Insegnanti, maestri, volontari e sopra ogni altro: genitori. Sappiamo affrontare questa sfida? La sfida che sento
l’onere di affrontare ogni giorno? La domanda che interrompe il mio
sonno, che inquieta i miei pensieri? Sappiamo veramente cercare la risposta al quesito: IO SO CHI SONO?
Personalmente forse una risposta finita non la
troverò mai, forse questa domanda continuerà a turbarmi per tanto tempo ancora
ma sono certa che in questa mia continua ricerca io potrò trovare la capacità
di scoprire e scoprirmi per scoprire l’altro, la capacità di cambiare per
cambiare, la capacità di crescere per aiutare a crescere…
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