Ho deciso di riservarmi un attimo
tutto per me e mi sono seduta davanti al computer. Qualcuno potrebbe pensare “che
tristezza!”. Dipende dai punti di vista. Dipende, come sempre, da ciò che si
desidera e ciò che si può fare. C’è chi pensa che per rilassarsi abbia bisogno
di due giorni in una spa, chi di una passeggiata nella natura, chi sogna con
ardore un’ora di divano e film e chi vorrebbe correre libero e senza vincoli. Così
potremmo continuare. Ecco, il punto è questo: desiderare qualche cosa, desiderare
di poterla possedere. Noi siamo la società del desiderio! Senza
questo la nostra economia non funzionerebbe affatto. Dobbiamo
costantemente desiderare per consumare e mentre consumiamo desideriamo già
qualcos’altro e mentre consumiamo e desideriamo altro ci dicono che possiamo
averlo, ci dicono che il mondo è nelle nostre mani e che non dobbiamo più
aspettare. Possiamo avere tutto, subito, a poco prezzo e prima degli altri. Wow!
Sono proprio rimasta l’ultima povera illusa che crede ancora che esistano le
stagioni, che crede ancora che servano nove mesi di gestazione per poter
generare un bimbo, che crede ancora che ci sia un tempo per ogni cosa. Ma
niente paura! Arrivo a scuola e mi accorgo che la realtà mi da ragione…. E
allora eccoli! I piccoli figli di questo mondo ben strutturato, unico, veloce,
acquistabile in ogni sua forma e surrogato, competitivo fino all’eccesso e
fagocitante. “Mamma voglio! Mamma dammi! Mamma compramelo! Se faccio questo tu
mi compri questo, me lo hai promesso altrimenti lo dico al papà, alla nonna”
Chiudo le orecchie, sorrido,
saluto e vado ad indossare il mio camice. Lo indosso con orgoglio tutte le
mattine. E’ un camice che non ha colore, non ha forma, non ha marca e non ha
prezzo… Il mio camice è la mia professionalità. Scendo in classe e rivedo i miei
piccoli e mentre li osservo penso che loro, si, proprio loro che oggi hanno 5
anni, saranno a breve il mio datore di lavoro, il sindaco, l’assessore alle
politiche sociali, il manager di confindustria e via così. E pensando questo vedo il mio
camice di lavoro risplendere di nuova energia perché penso che devo, oltre ogni
possibilità, tornare a seminare quelle idee vecchie (scusate si usa vintage!),
lente, comunitarie, eque che la mia mamma e alcuni dei docenti che
nella vita ho avuto il privilegio di incontrare, mi hanno insegnato. Penso che
tra il desiderio e la sua consumazione immediata vi siano molte e molte cose da
imparare. Penso che per primi noi adulti abbiamo il dovere di capire cosa sia
giustamente desiderabile, cosa i nostri bambini desiderino veramente o cosa noi
desideriamo per loro, cosa desiderino veramente e cosa invece stiano camuffando
cercando di possedere un prodotto. Credo nuovamente che dovremmo riflettere sul
nostro agire per comprendere che dietro piccoli gesti si seminano grandi cose
che possono essere trampolini verso una nuova generazione più sostenibile ma
possono essere anche zavorre che perpetuano un consumismo puro, dedito al
possesso di beni, servizi e persone. Ecco, ho desiderato avere del tempo per
me, per riflettere su alcune dinamiche che osservo nel quotidiano, ho potuto
godere di questo tempo e sedermi davanti al computer è servito a questo scopo. Mi
reputo una persona molto fortunata, posso desiderare e possedere il mio
desiderio, sono consapevole che nella nostra piccola Terra non sono
molte le persone che possono fare altrettanto e anche per questo devo
impegnarmi nel mio piccolo per rendere il mondo un pochino migliore.
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