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martedì 16 febbraio 2016
Il segreto di un adolescente
Lavoro con i preadolescenti e gli
adolescenti fin dall’inizio della mia carriera educativa. Ormai sono passati
sedici anni e i bambini del 2000 sono diventati uomini e donne oggi: laureati,
viaggiatori, sposati, lavoratori. Persone a tutto tondo. Indipendenti e sicuri.
Almeno in tanti. Qualcuno di loro è ancora fra i miei contatti. I più
affezionati, quelli con i quali ho costruito legami più solidi. All’epoca avevo
23 anni. Sì, lo so, non si svela l’età di una signora ma in questo caso una
piccola confessione ci sta. Ho imparato tanto da tutte le esperienze vissute con
i ragazzi e voglio svelarvi un segreto: gli adolescenti non sono dei mostri!
Non lo sono per niente. Sicuramente non lo sono i ragazzi che vanno bene a
scuola, che si comportano bene quando escono, che sono gentili e responsabili.
Ma non sono mostri nemmeno quelli che a scuola non ci vanno poi così
volentieri, che magari si tagliano i capelli a “spazzolino da denti”, che
tengono i pantaloni a “gironatica”. Non sono mostri. Certo, ammetto che possono
avere atteggiamenti provocatori e indisponenti, a volte ci mandano su tutte le
furie, e spesso, spessissimo, ci lasciano disarmati. Ma… non sono mostri. Quasi
tutti sono ragazzi soli, inascoltati, alla ricerca continua di qualcosa. Non sanno
nemmeno loro cosa cercano. Forse cercano qualcuno che li guardi negli occhi e
gli dia una possibilità. Forse cercano qualcuno che creda in loro e abbracci la
loro causa. Forse cercano soltanto uno sguardo di comprensione e supporto. Ogni
giorno li osservo, li guardo relazionarsi tra loro, con gli insegnanti, coi
loro genitori e cerco di ascoltarli. Ascolto quello che dicono e vedo quello
che fanno. E mi faccio domande. Mi chiedo ad esempio perché noi adulti, che
avremmo dovuto dare loro ascolto, amore, fiducia, comprensione e allo stesso
tempo metterli di fronte ai loro limiti, fargli sperimentare il fallimento,
lasciarli cadere e aiutarli a rialzarsi, li abbiamo lasciati soli. Perché sono
cresciuti soli? E penso, con dispiacere, che sia proprio la solitudine il segreto degli
adolescenti arrabbiati. E allora penso che dovremmo ricominciare ad
ascoltarli. Dovremmo farli sentire meno soli. Non giudichiamo i ragazzi solo
dall’alto delle nostre cattedre. Cambiamo il nostro punto di vista, parliamo
con loro faccia a faccia, occhi negli occhi, persona a persona. Se siamo
educatori e iniziamo un cammino educativo con loro possiamo vincere o possiamo
perdere, ma anche quando perdiamo la nostra vittoria è averci provato.
E’ il fatto di non aver gettato la spugna. Noi educatori non siamo onnipotenti,
non abbiamo la capacità di guarire tutte le ferite e non siamo in grado di
salvare il mondo. Ma se smettiamo di crederci allora è bene che smettiamo anche
di fare questo mestiere. Accettare le sconfitte è una parte importante del
nostro intervento, ma provare tutte le strade possibili e ribaltare i punti di
vista è un nostro dovere. Dobbiamo ricordarci che ogni ragazzo è unico e
irripetibile, con la propria storia, il proprio bagaglio di esperienze, le proprie
fatiche e i propri dolori. Guardiamoli cambiando prospettiva. Fuori dal gruppo.
Scopriremo nelle loro anime una fragilità che saprà disarmarci. Chi ha seguito
questo consiglio mi ha riportato grandi soddisfazioni. Colleghi e amici
meravigliosi che mi hanno detto “avevi ragione. Gli ho parlato a quattr’occhi e
si è aperto un mondo. E’ un altro ragazzo”. Ma è un lavoro duro, lungo e
faticoso. E non basta una chiacchierata. Dobbiamo tenerli agganciati.
Ricordarci di loro per primi e non per ultimi. Guardarli dritti negli occhi
proprio quando ci accorgiamo che qualcosa non va e proprio dentro ai nostri
occhi rileggeranno le parole che ci siamo detti tante volte. Non abbandoniamo i
ragazzi che non hanno avuto la fortuna di costruire una valigia di attrezzi per
la sopravvivenza durante la loro infanzia. Non abbandoniamo chi è rimasto
troppo a lungo inascoltato. Proviamo. Educare è un lavoro che inizia dalla
tenera età. Ed è soprattutto un lavoro di squadra. In tutto questo anche noi
genitori abbiamo una grande, grandissima responsabilità. Non possiamo chiedere
ai nostri figli di parlarci o di ascoltarci o di rispettarci se in tutti gli
anni della loro infanzia non abbiamo mai parlato con loro, non li abbiamo
ascoltati, non li abbiamo rispettati, o perlomeno non ci abbiamo mai provato.
Lo sappiamo tutti che il mestiere del genitore è il più duro e faticoso del
mondo. Le soddisfazioni arrivano solo col tempo. Non basta il ciclo di un
maggese a farci annusare il profumo della vittoria. Dobbiamo seminare, curare, innaffiare,
proteggere, correggere, custodire per tanto tanto tempo prima di veder
sbocciare un fiore. Fare il genitore, fare l’insegnante, fare l’educatore, non
è difficile per la mancanza di sonno, di tempo o di risorse, è difficile per
l’attesa che questo richiede. Dobbiamo rallentare. Fermarci e far salire sul
treno della vita anche quelli che ci turbano, ci disturbano, ci indeboliscono
perché forse proprio loro portano con sè il fiore più prezioso. Si può fare!
Possiamo farlo! Non lasciamo che i nostri figli diventino un segreto incomprensibile ai
più. Diamo loro gli strumenti per passare attraverso la fase
adolescenziale e poterne uscire illesi.. Insieme vinceremo o perderemo ma alla fine
sapremo di non aver lasciato i loro segreti dentro a uno scrigno senza
chiavi!!!
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