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venerdì 5 gennaio 2018

Il tempo del non-tempo

I luoghi comuni su una società che corre troppo ormai sono più che conosciuti. Eppure le cose non cambiano. Eppur tutto si muove...E noi quanto siamo realmente capaci di rallentare e attendere? Quanto siamo propensi ad ascoltare il richiamo di un corpo e di una mente che ci chiedono di ritrovare la dimensione del riposo e della pace?
Tutti corriamo, tutti ci prodighiamo, tutti ci diamo da fare per stare al passo, produrre, creare, avere obiettivi, inseguire vision e mission e sembra quasi che chi non ne abbia, o non ne cerchi, non sia abbastanza ambizioso e capace. Ci hanno insegnato che la vita non ci regala niente e che dobbiamo andare a prenderci quello che vogliamo, dobbiamo lottare, sudare, passare il nostro tempo alla continua ricerca e rincorsa del benessere, dello status e di chissà che cosa altro. E dopo aver corso tanto finiamo col ritrovarci sfiniti e stressati a iscriverci a corsi di meditazione zen, di yoga trascendentale e di meta-comunicazione astrale.  Decidiamo che dobbiamo ritrovare noi stessi e allora segniamo in agenda l’appuntamento fisso del mercoledì sera in cui, almeno per un’ora, tentiamo di concentrarci su noi stessi, sui nostri bisogni spirituali e sulla nostra sfera privata. E lo facciamo. Per quell’ora.
Poi ricominciamo. Torniamo a correre, affrettarci, avvampare. Dimentichiamo il ritmo orientale dei corsi a pagamento e prendiamo la metropolitana dello stress quotidiano. Così viviamo. Ogni giorno.
La consapevolezza di questa contraddizione fa riflettere. Fa pensare a quanto ci stiamo perdendo in questa continua rincorsa all’oro. “Lavoriamo per vivere o viviamo per lavorare?” si domandava qualcuno. E in questo vortice trasciniamo anche i nostri piccoli che a cinque anni vengono presi, portati, lasciati, ripresi, in un rito senza fine e che dopo tutto questo hanno bisogno del corso di meditazione infantile per ricordarsi di essere bambini e imparare a gestire la rabbia verso chi li costringe ad essere altro. Che senso ha tutto questo? Dove li stiamo traghettando? In un futuro in cui avranno iniziato a correre troppo presto e smetteranno di farlo troppo tardi? Cosa scegliamo di essere per loro? Cosa vogliamo che siano per se stessi?
A volte non è solo il corso di yoga quello di cui abbiamo bisogno. A volte dobbiamo fermarci per praticare l’introspezione, la narrazione di noi, la ricerca del vero significato della nostra esistenza per trovare la risposta che cerchiamo. Ma fa paura fermarsi. Fa spavento avere tempo da dedicare alla noia, all’ozio, al dolce far niente. Ci attanagliano i sensi di colpa del tempo perso, di tutto quello che abbiamo da fare e non stiamo facendo. 
Ma qual è davvero il tempo che stiamo perdendo? Che cos'è ciò che davvero può fare bene a noi, ai nostri figli con noi, e alla nostra anima?
Ecco io credo che ciò di cui abbiamo bisogno sia ritrovare il tempo del non tempo, il luogo del non luogo, per sapere di essere esattamente dove si è, nel momento in cui si è e con chi si vuole veramente essere. Questo cura il nostro spirito e, di conseguenza, il nostro corpo che forse smetterà di urlare sordo rimanendo inascoltato fino a quando non ci accorgeremo che il nostro tempo è ormai trascorso.