Questo blog è scritto a quattro mani. Quando leggerete troverete l'essenza di noi. Leggerete la nostra esperienza di vita, come mamme e come educatrici. Questo blog è la nostra visione pedagogica. Questo blog siamo noi! Il nostro motto è: L'ESPERIENZA DEGLI EDUCATORI AL SERVIZIO DEI GENITORI! Aiutateci a rendere speciale questo blog con le vostre condivisioni e i vostri commenti...

mercoledì 11 maggio 2016

C'è una mamma....

Risultati immagini per mamma che annusa bimboC’è una mamma che ogni mattina, alle 8.25 precise, arriva alla scuola dell’infanzia ad accompagnare il proprio bambino. Parte da casa sua, a circa un chilometro di distanza, a piedi. Freddo, neve, pioggia o sole non contano. Lei parte, a piedi, con il suo bambino, e lo accompagna a scuola. E ogni giorno alle 15.45 ritorna e aspetta che aprano i cancelli per riportarlo a casa. Ma non solo. Questa mamma, ogni mattina, prepara anche la sua bambina di tre mesi. Prepara il bimbo più grande poi si dedica alla piccola. Le dà la colazione, la cambia, la veste, la avvolge in una calda copertina di pile, la mette nella carrozzina blu, copre la carrozzina con un sacchetto trasparente di plastica quando piove (perché il parapioggia adattato lei non ce l’ha) e parte da casa. Con entrambi i figli. Arriva a scuola e lascia la carrozzina fuori dai cancelli, perché dentro, sotto la tettoia, al riparo, non si può lasciare, è una questione di sicurezza. Allora lei lascia fuori la carrozzina e, sotto la pioggia, sposta il sacchetto bagnato, sfila veloce la sua bambina e entra ad accompagnare il piccolo che nel frattempo ha salito le scale e si è avviato verso la sua classe. Quando arrivano davanti alla classe, con una mano tiene in braccio la bambina e con l’altra aiuta il piccolo a svestirsi. Si abbassa dal suo bambino, lo bacia, gli fa baciare la sorellina, lo saluta e si avvia. Esce, sotto la pioggia, senza l ‘ombrello (perché tanto non riuscirebbe a tenerlo in mano con la bimba in braccio o la carrozzina da spingere), rimette la bimba al riparo e si incammina verso casa, verso le sue faccende da mamma. Ogni giorno. Ogni settimana. Tutto l’anno. Lei si alza ogni mattina e lo fa. E’ una mamma giovane. E’ una mamma stanca e si vede. Ma sorride quando incrocia il tuo sguardo. Ti sorride e cammina verso casa. Con amore. Nonostante tutto.
Poi c’è un’altra mamma. Lei ha tre figli. E’ rimasta sola troppo presto e troppo in fretta. Si prende cura di loro. Combatte. Fa i conti con la vita che continua nonostante tutto. Sorride poco e va avanti. Fa quel che può e lo fa al meglio. Ci prova. Non molla perché non si può mollare. I figli crescono, hanno bisogno della mamma oggi più di ieri. Sempre. E allora va alle riunioni scolastiche, si barcamena tra casa e scuola, li porta alle attività sportive e agli impegni settimanali. Cerca di non perdere i pezzi. Ma i pezzi ogni tanto li perde. MA pazienza. Tutto continua lo stesso. Si alza, ogni mattina, e ricomincia. Li guarda diventare grandi e ce la mette tutta perché abbiano una vita felice.
Poi ci sono altre mamme. Le mamme turbo. Le mamme che sono le mamme di tutti. Quelle che si scrivono messaggi per confortarsi e trovare la solidarietà e il sorriso delle altre. Le mamme che si prendono un caffè di corsa, una volta la settimana, solo per il gusto di vedersi almeno quei cinque minuti e darsi la carica per iniziare un'altra lunga giornata divise tra lavoro, casa, colloqui con i professori, compiti da finire, panni da stirare, lavatrici, scadenze, promemoria che suonano inascoltati in borsa e che si accumulano alla fine dell’agenda perdendo la speranza di venire mai spuntati. Sono le mamme che ci sono e che ci provano ad esserci. Quelle che hanno paura ma affrontano tutto a testa alta e con coraggio. Quelle che contano su se stesse e anche sulle loro amiche. Le  mamme che coccolano i propri bambini annusandone il profumo intensamente perché, si sa, i bambini sanno di felicità.  Quelle che si arrabbiano e li rimproverano, che li correggono, che li sostengono, che li aiutano a spiccare il volo. Quelle che programmano tutto e quelle che alla fine si incasinano lo stesso.
Fra tutte queste mamme ci sono anche io. E questo non è un post in ritardo per festeggiare nel giorno sbagliato la festa della mamma. Questo è un post per tutti i giorni. Un post che racconta il racconto di sempre. Un micro mondo di grandi mamme che vogliono esserci. Questo post è per chi ci si ritrova qui, per chi sa di esserci, per chi vuole esserci e anche per chi ci sarà. Un post per chi cerca aiuto e per chi lo dà.

C’è una mamma oggi, in questo post, e quella mamma sono io….

lunedì 2 maggio 2016

Cara Prof,

mi sono ritrovata, in questo ultimo periodo della mia vita, a riflettere su molte cose. A riflettere e a guardarmi indietro cercando di ritrovare alcune radici del complicato albero che sono oggi. Ho cercato e, spesso, mi sono sorpresa a pensare al periodo in cui frequentavo le allora "scuole medie", al periodo in cui lei era la mia, la nostra, insegnante di lettere. Perché proprio quel periodo? Forse perché è il primo di cui ho memoria consapevole e non solo d’immagine? Forse perché è l’età precisa dei ragazzi con cui mi trovo a lavorare oggi? O forse perché è proprio lì che affonda le radici la mia essenza di oggi? E ripensando a quel periodo e ai miei vissuti di oggi, mi sono domandata quanta influenza, più o meno consapevole, abbiano gli insegnanti nella vita dei loro studenti. Beh…tanta, parecchia, troppa a volte. Ma la sua è stata la migliore delle influenze che potessi avere. Lì, proprio in quel periodo, la mia memoria ha sedimento ciò che il suo esempio è stato per me. E proprio nella mia memoria ritrovo ancora oggi quelle esperienze. I percorsi di teatro a cui tutti volevano e potevano partecipare, ognuno con le proprie competenze. I film che trattavano temi importanti su cui avviare discussioni, tante volte anche molto difficili e all’avanguardia per quegli anni, come il divorzio o l’handicap. I pomeriggi a fare ricerca in piccoli gruppi per costruire cartelloni di geografia (quello che oggi chiamano cooperative learning, perché fa più figo). I testi letti insieme e trasformati in sceneggiatura per i nostri spettacoli teatrali, il migliore fra tanti “Farenheit 451”. E di fronte a lei i pensieri che volavano, le menti a cui porre domande, le personalità da crescere, educare, aiutare a diventare grandi. Chissà quante volte avrà sbagliato anche lei, prof, e quante volte si sarà ritrovata ad affrontare sfide più grandi di quel che potesse immaginare, come quando ha perso tre colleghi in un brutto incidente e ha dovuto affrontare con noi i temi della perdita e del lutto. Ma l’ha fatto. Ma lei c’è stata. C’era. C’è stata per piangere e c’è stata per ridere. Rideva con noi, s’arrabbiava, ci parlava e tentava di capire e districare le matasse più intricate. Io me lo ricordo. E adesso so cosa stava facendo con noi, cosa provava a fare. Cercava di essere un buon insegnante. Ogni giorno un insegnante migliore del giorno precedente. Un insegnante competente nelle proprie materie ma capace di trasmettere vita, passioni, pensieri. Un essere umano fra esseri umani in formazione. E allora penso che insegnanti come lei dovrebbero essercene molti di più perché è questo che fa la scuola una buona scuola. Al di là dei concorsi per la corsa alle assunzioni. Al di là dei contenuti per saper contenuti. Al di là delle leggi imparate a memoria. Sì, ci saranno ancora concorsi, ci saranno forse assunzioni, ma chi insegnerà a quegli insegnanti a guardare i ragazzi negli occhi e a leggere le loro anime ascoltando le loro parole? Chi insegnerà loro come stare tra i ragazzi con umiltà e autorevolezza allo stesso tempo? Chi spiegherà loro che si troveranno ad avere fra le mani persone che poi domani avranno fra le mani noi? Non è come in un libro di testo. E’ la vita. E chi decide chi è competente in questo e chi no? La scuola non è uno slogan. Non è buona soltanto perché qualcuno fa una riforma e la intitola così. La scuola è un terno al lotto e se vinci o se perdi dipende solo dalle personalità di chi incontri e che la porta avanti. Dalla loro empatia, dal loro “voler esserci”, dalla loro passione. Quanto è difficile arrivare a far comprendere tutto questo! Quanto è difficile, ma continuo a sperare non impossibile, trasformare la scuola in buona scuola per le persone che siamo, per i nostri figli e per i figli che avremo e daremo al mondo! Allora prof, oggi questo post è per lei. Per lei che ha lottato per mostrare che una buona scuola esisteva già, 25 anni fa, nelle mani di persone come lei….

domenica 1 maggio 2016

EDUCA...ET LABORA!

Io mi sento fortunata. Per svariati motivi mi sento fortunata. Oggi che è il primo maggio non posso che sentirmi fortunata per il fatto di avere un lavoro.  Ma non solo. Sono fortunata soprattutto perché questo lavoro mi piace, mi appassiona, mi rende orgogliosa. Ci sono stati molti conflitti fra me e il mio lavoro negli ultimi 17 anni. Abbiamo avuto problemi di reciproca convivenza. A volte il mio lavoro mi ha messa a dura prova. A volte ho perso il senso di quello che stavo facendo. Altre ancora le mie aspettative superavano le sue possibilità e viceversa. Ma non ci siamo mai arresi, io e il mio lavoro. Mi è capitato di immaginarmi a fare altro. Mi è capitato di pensare di mollare e lasciare tutto per tornare dietro a una scrivania. Ma non l’ho mai fatto. E ho scoperto qualcosa di meraviglioso! Ho scoperto che amo il mio lavoro e lui ama me. Ho scoperto che solo questo lavoro è capace di darmi gioie e dolori che nessun altro potrebbe. Ho scoperto che è capace di elevare la mia autostima sopra ogni immaginario e allo stesso tempo sa sfidarmi come non avrei mai potuto credere possibile. Ho scoperto che nei momenti di crisi io non posso e non devo mollare. C’è sempre un’altra via. Nei momenti di crisi devo rimettermi in gioco e immaginare altro. Devo vedere oltre e intraprendere nuove strade, aprire porte, mettermi in discussione. Ho scoperto che posso farmi domande e cercare risposte e ho scoperto che posso leggere, studiare, conoscere, incontrare, capire. Posso uscire dal mio piccolo microcosmo e frequentare altri microcosmi, ascoltare le parole degli altri, i racconti degli altri, le esperienze degli altri. Ho scoperto che il mio lavoro, fra la gente e per la gente, mi apre un mondo di possibilità che credevo impossibili. Ho scoperto che se mi fermassi a vivere la giornata senza guardare al futuro non potrei fare ciò che so fare davvero, sognare. Se non immaginassi occhi piccoli diventare grandi, mani piccole diventare grandi, persone piccole diventare grandi, non potrei avere progetti e obiettivi e tutto perderebbe di senso. Il qui e ora è solo un frammento di ciò che siamo, di ciò che sono gli altri di fronte a noi e la mia sfida, ogni giorno, è vedere oltre l’hic et nunc. Sono fortunata. E lo sono perché oggi, ancora una volta, mi viene chiesto di leggere nuove anime, di immaginare nuovi futuri, di lavorare per loro. Sono fortunata perché, non solo ho un lavoro, ma posso specchiarmi in esso, posso ritrovarmi, perdermi e ritrovarmi di nuovo. Posso essere fiera di quello che faccio. E per questo oggi voglio festeggiare insieme a voi. Voglio festeggiare il lavoro educativo, quello che in tanti criticano, sottovalutano, sottopagano, sottostimano. E voglio festeggiare tutto il lavoro. Come diritto e non solo come dovere. Come passione e non solo come fatica. E il mio pensiero va a chi sogna, a chi lotta, a chi cerca, a chi spera. Va a chi oggi, come ieri, cerca la propria dignità e non la trova. A chi l’ha trovata e non vuole più perderla. A chi ne vorrebbe una nuova. Ai gradini che salgono e ai gradini che scendono. Oggi festeggio e penso a ciò che ho e che non vorrei perdere. Sono fortunata e sono un’educatrice!!