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lunedì 2 maggio 2016

Cara Prof,

mi sono ritrovata, in questo ultimo periodo della mia vita, a riflettere su molte cose. A riflettere e a guardarmi indietro cercando di ritrovare alcune radici del complicato albero che sono oggi. Ho cercato e, spesso, mi sono sorpresa a pensare al periodo in cui frequentavo le allora "scuole medie", al periodo in cui lei era la mia, la nostra, insegnante di lettere. Perché proprio quel periodo? Forse perché è il primo di cui ho memoria consapevole e non solo d’immagine? Forse perché è l’età precisa dei ragazzi con cui mi trovo a lavorare oggi? O forse perché è proprio lì che affonda le radici la mia essenza di oggi? E ripensando a quel periodo e ai miei vissuti di oggi, mi sono domandata quanta influenza, più o meno consapevole, abbiano gli insegnanti nella vita dei loro studenti. Beh…tanta, parecchia, troppa a volte. Ma la sua è stata la migliore delle influenze che potessi avere. Lì, proprio in quel periodo, la mia memoria ha sedimento ciò che il suo esempio è stato per me. E proprio nella mia memoria ritrovo ancora oggi quelle esperienze. I percorsi di teatro a cui tutti volevano e potevano partecipare, ognuno con le proprie competenze. I film che trattavano temi importanti su cui avviare discussioni, tante volte anche molto difficili e all’avanguardia per quegli anni, come il divorzio o l’handicap. I pomeriggi a fare ricerca in piccoli gruppi per costruire cartelloni di geografia (quello che oggi chiamano cooperative learning, perché fa più figo). I testi letti insieme e trasformati in sceneggiatura per i nostri spettacoli teatrali, il migliore fra tanti “Farenheit 451”. E di fronte a lei i pensieri che volavano, le menti a cui porre domande, le personalità da crescere, educare, aiutare a diventare grandi. Chissà quante volte avrà sbagliato anche lei, prof, e quante volte si sarà ritrovata ad affrontare sfide più grandi di quel che potesse immaginare, come quando ha perso tre colleghi in un brutto incidente e ha dovuto affrontare con noi i temi della perdita e del lutto. Ma l’ha fatto. Ma lei c’è stata. C’era. C’è stata per piangere e c’è stata per ridere. Rideva con noi, s’arrabbiava, ci parlava e tentava di capire e districare le matasse più intricate. Io me lo ricordo. E adesso so cosa stava facendo con noi, cosa provava a fare. Cercava di essere un buon insegnante. Ogni giorno un insegnante migliore del giorno precedente. Un insegnante competente nelle proprie materie ma capace di trasmettere vita, passioni, pensieri. Un essere umano fra esseri umani in formazione. E allora penso che insegnanti come lei dovrebbero essercene molti di più perché è questo che fa la scuola una buona scuola. Al di là dei concorsi per la corsa alle assunzioni. Al di là dei contenuti per saper contenuti. Al di là delle leggi imparate a memoria. Sì, ci saranno ancora concorsi, ci saranno forse assunzioni, ma chi insegnerà a quegli insegnanti a guardare i ragazzi negli occhi e a leggere le loro anime ascoltando le loro parole? Chi insegnerà loro come stare tra i ragazzi con umiltà e autorevolezza allo stesso tempo? Chi spiegherà loro che si troveranno ad avere fra le mani persone che poi domani avranno fra le mani noi? Non è come in un libro di testo. E’ la vita. E chi decide chi è competente in questo e chi no? La scuola non è uno slogan. Non è buona soltanto perché qualcuno fa una riforma e la intitola così. La scuola è un terno al lotto e se vinci o se perdi dipende solo dalle personalità di chi incontri e che la porta avanti. Dalla loro empatia, dal loro “voler esserci”, dalla loro passione. Quanto è difficile arrivare a far comprendere tutto questo! Quanto è difficile, ma continuo a sperare non impossibile, trasformare la scuola in buona scuola per le persone che siamo, per i nostri figli e per i figli che avremo e daremo al mondo! Allora prof, oggi questo post è per lei. Per lei che ha lottato per mostrare che una buona scuola esisteva già, 25 anni fa, nelle mani di persone come lei….

1 commento:

  1. Alberghiero Vespucci 30 anni fa. Prof di inglese cacciato perché ritengo troppo rude da genitori e docenti. I miei compagni ed io abbiamo pianto, nessuno ci insegnava la vita oltre alla sua materia come lui, nessuno ci rispettava come lui, pochi prof credevano nel loro lavoro come lui. Solo noi ragazzi lo avevamo capito. Mi spiace non ricordare il nome ma ne conservo il ricordo e il rispetto

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