Riflettevo sul fatto che decine
di volte mi sono ritrovata a ripetere le stesse frasi a mia figlia
(tendenzialmente ad impartire degli ordini) senza ottenere particolari
fruttuosi risultati. E riflettevo che la mia peggior nemica, quando si parla di
educare i miei figli, è la fretta. La maledetta fretta che non ci permette di
fermarci un attimo a pensare a quale prezioso strumento abbiamo a disposizione:
il dialogo. Per il dialogo serve fermarsi. Serve pazienza. Serve pensiero. Per
dialogare e trattare argomenti speciali con i nostri figli serve il tempo. Ma
la vita frenetica ci travolge e il tempo ce lo toglie. Quale preziosissimo bene
ci facciamo portare via ogni giorno. Ogni pensiero pedagogico fonda il proprio
esistere proprio sul tempo. Stendere un progetto educativo richiede
innanzitutto l’osservazione. A noi educatori è richiesto di osservare. Serve tempo per osservare i comportamenti e gli atteggiamenti dei nostri ragazzi. Le loro
abitudini. Ciò che a loro piace o non piace. Serve osservare i loro punti di
forza e i punti di debolezza e usare i primi per lavorare sui secondi. Se un
ragazzo ha problemi di tenuta e non riesce mai a portare a termine un compito
ma ama tantissimo le scienze, allora si imposteranno compiti proprio a tema
scientifico perché agganciarlo a ciò che a lui piace può portarlo a migliorare
i tempi di tenuta. Ma è un lavoro lungo, è un progetto a medio –lungo termine i
cui frutti si raccoglieranno solo con il tempo. La stessa cosa vale per i
nostri figli. Diamoci un progetto. Osserviamoli. Cerchiamo di capire quali sono
le loro debolezze (facile, basta pensare a quali sono le frasi che ripetiamo
più spesso) e allo stesso tempo cerchiamo i loro punti di forza. Usiamoli per
dare loro una motivazione. Diamo loro degli obiettivi raggiungibili nel breve
tempo ma migliorabili. Aumentiamo le richieste gradualmente ma teniamo sempre
presente che senza motivazione difficilmente i nostri figli (soprattutto se
grandi) porteranno a termine il compito. Ma soprattutto non dimentichiamoci di
dialogare con loro. Di ascoltarli. Di osservarli. Perché da educatore so che il
vero apprendimento non è solo l’interiorizzazione di una procedura meccanica ma
è la comprensione dell’importanza della stessa, del suo valore, della sua
utilità. Quando un ragazzo apprende una procedura non ha raggiunto un obiettivo
di apprendimento ma un meccanicismo. Quando un ragazzo non solo ha appreso una
procedura (come può essere la difficile abitudine quotidiana di riordinare la scrivania)
ma ne ha compreso il vero significato e la vera utilità, allora il grande passo
sarà compiuto. Ecco che la motivazione che muoverà le loro azioni non sarà più
esterna (lo faccio altrimenti la mamma rompe-misgrida-mi toglie l’ipad) ma sarà
una vera motivazione interna (lo faccio perché in effetti non è così faticoso –
perché in effetti trovo tutte le mie cose e non le dimentico e le porto a
scuola – lo faccio perché quando studio mi concentro meglio…) e l’apprendimento
sarà reale, sarà duraturo. Ma armatevi
di tanta pazienza perché i frutti di questo albero non maturano in una sola
stagione. Abbiate fiducia però, perché li coglierete e saranno i migliori che
avrete mai raccolto. E nel frattempo investite il vostro tempo e le vostre
energie nel dialogo, fondamento dell’educazione. Si questo vi parler nel prossimo post...a presto wondermamme e Buon anno a tutte!!
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