Ieri ha piovuto! E ha piovuto proprio
parecchio! Era da tanto che non pioveva più. Certo, non è che io ami
particolarmente la pioggia ma, quando piove e io ho la possibilità di fermarmi
un attimo, di rallentare i ritmi frenetici e di guardare fuori dalla finestra,
devo dire che la pioggia stimola moltissimo il mio pensiero. Guardo la pioggia
e penso alla tristezza. Penso alle numerose volte che mi sono incantata
guardando la pioggia fuori dal finestrino di un autobus, tornando da scuola da
adolescente, e a quanto riuscivo ad abbandonarmi alla tristezza. Una tristezza
catartica, misteriosa, nostalgica, introspettiva. Quella tristezza era
malinconica, accompagnata da qualche musica lenta e dalle parole sconosciute che
le facevano da colonna sonora. Ricordo quei momenti come profondamente
meditativi. Ricordo che pensavo a moltissime cose! Pensavo agli amici, pensavo
alla mia vita, ai miei piccoli grandi problemi quotidiani. Pensavo all’amore.
Pensavo al silenzio e alla solitudine. Ai miei sentimenti e a ciò
che provavo. Pensavo a me! Qualche volta scendeva una lacrima e una sensazione cupa mi
accompagnava per tutta la giornata. Ripensando a quei momenti sono sempre più
convinta che siano stati ottimi compagni di crescita. Anche così sono potuta
diventare quella che sono. Due facce di una stessa medaglia. Gioia e Tristezza,
come le protagoniste di Inside Out. E così sono anche oggi. Con sfumature
diverse, profondità diverse, ma ancora così. Ho bisogno dei miei momenti bui per poter
riemergere forte e determinata verso la luce. Ho bisogno di entrare in me stessa per scavare e ritrovarmi. Penso a questo mio modo di essere e alla profondità in cui riesco a ritrovarmi e poi mi guardo intorno e vedo
quanta brama di felicità obbligatoria ci sia in moltissime persone. Quanta ricerca della felicità per sempre e a tutti costi. Quanto desiderio di mostrarsi giovani, sorridenti e perfetti ci sia. Quanta paura dell'imperfezione, del mascara sbavato, del capello fuori posto. Quanta preoccupazione per quel che che gli altri credono che io sia se mi vedono triste oggi. Poi penso a quanta ansia
genitoriale c'è di fronte alla lacrima di tristezza o di frustrazione di un
bambino. Quanta paura ci sia nell’affrontare la malinconia dei propri figli adolescenti. Quanta difficoltà ad accoglierli come persone a tutto tondo, ricchi di altalene emotive e paure e tristezze così come di gioie ed euforie.
Perché abbiamo così paura dei grigi emotivi? Fanno parte di noi. Fanno parte
della nostra costruzione personale. Vivere la tristezza con le sue mille
sfaccettature, ascoltarla, affrontarla, capirla, riconoscerla, mostrarla, ci
rende vivi. Quando siamo tristi gli altri possono aiutarci e sostenerci. Quando
un bambino piange la sua mamma lo coccola, lo consola, gli mostra che dopo la
tristezza si può tornare a sorridere. Possiamo insegnare ai nostri figli a non
avere paura della tristezza, ad accoglierla e ad accogliere l’aiuto. Possiamo dire
loro che si può piangere e essere tristi, che non è sbagliato, che poi si può
ritornare a ridere. Magari proprio di ciò che ci ha fatto sentire tristi. A nostra
figlia possiamo offrire una grande coppa di gelato da condividere
chiacchierando se un fidanzatino l’avrà lasciata o un’amica l’avrà delusa.
Possiamo abbracciarla e consolarla. Al nostro bambino possiamo raccontare una storia della felicità dopo che avremo asciugato e accolto le sue lacrime per il litigio con un amico.
Io temo molto chi non piange mai,
chi non mostra mai un dubbio, chi non vacilla, chi non si ferma e non dice mai “oggi
mi sento giù”. Esprimere i propri sentimenti di malinconia non significa essere
pessimisti ma accettare le emozioni per quelle che sono. Si può essere
ottimisti pur accettando la malinconia. Si può dire “oggi mi sento giù, domani
sarà un altro giorno” avendo la precisa consapevolezza che passerà. Rifuggire
la malinconia, cercare a tutti i costi di nasconderla, ricacciarla in un angolo
remoto e chiedere ai nostri figli di farlo è estremamente pericoloso perché un
giorno tutta quella emozione potrebbe risalire con estrema violenza e
travolgerci con un onda emotiva che non saremo in grado di affrontare. Potrebbe
mutare forma e divenire rabbia, odio, fobia. Potrebbe inquinare la nostra vita
di nascosto trasformandosi in depressione. Ma se la accogliamo così com’è, così
come viene, libera di esprimersi in un emozione che diventa lacrima, in una
giornata passata a guardare la pioggia persi nei propri pensieri, allora così
come è arrivata se ne andrà. Se ci lasciamo consolare dagli affetti, accettiamo
una spalla su cui piangere, guardiamo fuori dal finestrino del nostro autobus,
allora torneremo presto a sorridere perché sappiamo che, come nella battuta di
un celebre film: “non può piovere per sempre”.
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