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domenica 14 febbraio 2016

Chi impara da chi?

Attenzione! Ora vi spiego cosa dovete fare: girate qui, tagliate là, incollate su, e sistemate giù; e poi: pulite, tritate, mescolate, sistemate; infine: leggete, sottolineate, studiate, ricordate!
Non trovate che ci sia qualcosa di strano? Osservate bene i verbi. Sono tutti imperativi. E poi osservate con più attenzione. La domanda è: chi fa cosa? Ecco, la situazione è questa: io ordino tu esegui! Semplice. E’ una situazione di verbalizzazione di consegne con richiesta di esecuzione. Non prevede altro che un buon udito, una minima capacità di rielaborazione e infine una buona esecuzione. Ottimo quando si tratta di ricreare ricette, costruire un mobile dell’Ikea, dipingere una parete. Ma certo non può essere una strategia valida quando si tratta di relazioni educative. A mio parere questa non è una relazione educativa!

E qui scatta la riflessione: quando una relazione educativa è tale e quando produce apprendimento? Cosa fa la differenza? Cosa rende la quotidianità educativa davvero di qualità? La risposta che mi viene naturale è una sola: la relazione! Non vi è apprendimento con la A maiuscola se non all’interno di una relazione educativa emotivamente equilibrata. Ma questo cosa significa? Significa che i bambini, ma ancor di più gli adolescenti, ci scannerizzano. Ebbene sì! E’ proprio così! Capiscono perfettamente quanta voglia abbiamo di stare con loro, lì e in quel momento. Capiscono  quanto ci piace fare ciò che facciamo, quanto siamo disposti a metterci in gioco con loro e per loro, quanto di noi è presente nel momento in cui siamo con loro. Sanno tutto questo di noi, sia che noi siamo genitori, educatori o insegnanti. E sanno anche modificare i loro comportamenti in funzione a ciò che hanno scannerizzato rispondendo all’equazione semplice ma efficace “tu non credi in me e nel tuo compito ergo io non credo in te e in quello che mi dici”. Tutto questo si traduce in mancanza di fiducia e senza fiducia non si costruisce proprio nulla. E allora a noi cosa è richiesto? Di provarci con tutti noi stessi, di far sentire che si ha voglia di fare insieme, senza sostituirsi. Di esserci, a volte semplicemente stando al loro fianco ed ascoltandoli, a volte dando spiegazioni e altre anche qualche rimprovero. Allora ci staranno le sgridate, le risate e tutte le sfumature che rientrano in una relazione nella quale siamo un NOI e non un TU e IO. In questo modo, alla fine della nostra giornata, sarà più semplice rispondere alla domanda “ma oggi i miei ragazzi cosa hanno imparato da me?”. Ma ancor più gratificante sarà rispondere alla più profonda “Ma oggi io cosa ho imparato dai miei ragazzi?”

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