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domenica 14 febbraio 2016

Lo sguardo educativo

L’altro giorno il mio “bimbo” ha compiuto 14 anni. Proprio così, 14! E in questo giorno speciale io ho ricevuto un bellissimo regalo! Semplice e allo stesso tempo emozionante. Un messaggio che diceva più o meno così: “Ciao, mi ricordo ancora quel momento in cui ci siamo incrociate in sala parto”.

Io trentenne, scorpione e al primo figlio. Lei trentenne, scorpione e alla prima figlia: Anna e Marco come, la canzone di Dalla. Due donne sconosciute che condividono il momento più importante della loro vita, un momento di trasformazione radicale. Due sguardi intensi, poche parole, eppure un legame che resta immutato nel tempo anche dopo anni di silenzi. Come si spiega questo speciale incontro?
Sono i nostri occhi. In molti li chiamano lo specchio dell’anima. Uno strumento assolutamente raffinato, evoluto e tecnologico al contempo. Hanno un potere che le parole non conoscono. Con essi si creano le relazioni fondamentali del nostro essere, senza le quali non siamo nulla.
Noi siamo relazione con e nello spazio, con e nella natura, insieme agli altri esseri viventi.
Ricordo come fosse ora le parole dell’ostetrica: “guardalo!”. Sembrava più un imperativo che un consiglio ma, in quel momento in cui la vita mi aveva travolta, l’ordine è arrivato perentorio e ho obbedito. È stato un secondo, uno sguardo. Ma in quello sguardo c’era tutto.
Ed in futuro, occhi negli occhi, lui è sempre stato la mia guida. Mentre lo nutrivo, mentre giocavo con lui, mentre facevamo il bagno, mentre lo rimproveravo. Gli occhi che guardano il mondo con il naso all’insù, gli occhi che si portano all’altezza del bambino per guardare il mondo dal suo punto di vista, gli occhi che pian piano lo seguono a distanza mentre lui se ne va solo per la sua strada. Sono gli stessi occhi che mi permettono di riconoscerlo tra la folla e con i quali ci capiamo senza parlare, ora che il mio “bimbo” non è più così bimbo.
Questa è l’essenza di ciò che credo sia un rapporto educativo. È un legame forte. È il legame tra due persone. Un legame così intenso da potersi intendere senza parlare. Questo è il segreto dell'affetto che mi unisce a quella donna allora sconosciuta. Ciò che ci ha accomunate è stato lo sguardo. Ognuna di noi era ormai mutava radicalmente, ma insieme osservavamo le stesse cose. Una vicinanza unica.
Ecco! Questo è il mio personale modo di essere un educatore, come madre e come operatore.
E’ buffo perché non mi ero mai soffermata a riflettere su queste cose. Forse le avevo date per scontate ma le mamme dei bambini con i quali lavoro mi hanno fatto notare come tra me e i bimbi ci sia questo forte legame di sguardi. L’affetto di sguardi condivisi, di cammini condivisi, di mete condivise. In tutte le professioni si indossano abiti o si utilizzano strumenti particolari e le persone riconoscono la professionalità anche per questo. I miei abiti non indicano nulla. Io non possiedo la valigetta degli attrezzi. Io non posso essere riconosciuta se non per gli strumenti più potenti ed efficaci del nostro corpo: gli occhi.



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