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domenica 14 febbraio 2016

La fatica di fare fatica!

Nascere non è una cosa semplice. Parte da un 


bisogno, quello del nostro bimbo di emergere, di fuoriuscire, di venire al mondo. Nasce dalla spinta ad andare altrove, al di fuori. Il nostro compito, in quel momento è quello di metterci totalmente a sua disposizione, attraverso il nostro corpo, con la nostra forza e con tutto l’aiuto del nostro spirito. In quel momento ci dobbiamo mettere in ascolto. Dobbiamo ascoltare il nostro corpo e il nostro bambino. In quel momento ci dobbiamo mettere in attesa. Dobbiamo aspettare la sua decisione. Dobbiamo aspettare le spinte del parto per poterlo aiutare. In quel momento sappiamo che non è una nostra decisione. Non scegliamo noi quando le spinte debbano arrivare. Però possiamo prendere un’altra importantissima decisione: la nostra decisione sta nel volerlo aiutare nel momento in cui LUI ci chiede di farlo. E’ un lavoro di squadra in cui ognuno fa un passo ma nessuno calpesta l’altro. In quel preciso momento, nel momento della nascita, il bambino vive quindi un’opportunità. L’opportunità di scegliere. L’opportunità di andare oltre. E da quel momento inizia un nuovo viaggio in cui sarà accompagnato da adulti che si prodigheranno in sforzi educativi e didattici per renderlo una persona capace di affrontare il mondo in perfetta autonomia. Questo è ciò che accade, o che perlomeno dovrebbe accadere, perché osservando attorno a me il mondo della scuola, di ogni ordine e grado, mi capita sempre più spesso di incontrare bambini rinunciatari. Sono quelli che rispondono “non riesco, io non sono capace”. Sono quelli che aspettano che l’adulto si sostituisca a loro. Mi si riempie il cuore di tristezza osservando la loro rinuncia alla scelta. Allora mi chiedo “perché un bambino all’età di 4 anni decide già che non vuole provare? Perché non vuole lottare per raggiungere un obiettivo? Qual è il meccanismo educativo che li porta a questa decisione? Cosa ha fatto sì che il bambino abbia scelto di rinunciare?”. E mi chiedo anche cosa noi genitori ed educatori possiamo fare affinché questo pensiero non si radichi nella sua mente. E poi cerco con lo sguardo attorno a me e vedo altri bambini. Quelli che negli occhi hanno un lampo scintillante, l’idea di compiere un gesto. E poi li vedo iniziare. Cominciano con un piccolo passo, magari cadono, si rialzano, ritentano, traballano ma non mollano e alla fine riescono a raggiungere ciò che hanno desiderato e in quell’istante, proprio in quell’istante il loro volto s’illumina di felicità meravigliosa! Il viso dice apertamente “ci sono riuscito! sono capace! posso farcela!”. La fatica che hanno impiegato per ottenere ciò che desideravano, le energie che hanno dovuto investire, le cadute e le lotte combattute hanno consentito loro, alla fine, di sentirsi euforici. La gratificazione del raggiungimento di un obiettivo in autonomia li ha resi consapevolmente forti, capaci quindi di comprendere che per ottenere un risultato bisogna investire tempo, energie. Questi bambini sanno che vi saranno delle cadute, che bisognerà trovare le forze per rialzarsi, che servirà tenere duro, riprovare e non mollare per giungere alla meta.Tutto questo insegna molto più di ciò che possiamo immaginare. E allora ripenso ai molti bambini rinunciatari che incontro nel mio lavoro e mi chiedo: perché noi genitori abbiamo così spesso la tendenza ad anticipare i loro bisogni? A sostituirci a loro? A non volere che vivano frustrazioni, cadute e paure? Perché siamo così spaventati dall’idea di lasciare che i nostri figli facciano fatica? Si, fatica! La fatica di far da soli, di sbagliare e riprovare; la fatica di aspettare, la fatica di accettare i propri limiti e perfino di accettare di sbagliare. Non è forse stato un atto di estrema fatica nascere? La fatica ha un senso profondo: è uno sforzo temporale, fisico e mentale che ci spinge verso qualche cosa di diverso da ciò che siamo ora. E’ lo sforzo che ci porta verso la soddisfazione personale di raggiungere un obiettivo. Una soddisfazione direttamente proporzionale allo sforzo che ho dovuto compiere.Tutto questo mi porta a pensare che forse dovremmo riscoprire il gusto della fatica: per noi genitori quella di lasciar agire i nostri figli in autonomia e per i nostri bambini quella di emergere, di divenire altro da noi perché ciò che saranno domani lo costruiscono da oggi, uno scalino alla volta….con molta fatica!

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