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domenica 14 febbraio 2016

La lepre o la tartaruga

Mentre sono in macchina e osservo il paesaggio invernale che mi circonda, ho l’opportunità di starmene tra i miei pensieri e così mi tornano in mente alcuni discorsi che mi è capitato di ascoltare mentre facevo la spesa oppure all’uscita da scuola o in altre occasioni casuali. Spesso questi discorsi trattano la questione dei figli.
Risultati immagini per lepre e tartarugaCiò che mi colpisce, la maggior parte delle volte, è la quantità di lamentele che i genitori esprimono riguardo alla difficoltà di far fare diverse cose ai propri figli perché i figli non ascoltano, non si concentrano, non ci mettono la testa, non ci mettono il tempo... Allora inizio a riflettere e penso ai bambini quando sono piccoli, ma intendo proprio piccoli, durante il primo triennio di vita. E penso a come crescono.
E così noto come sia curioso che la maggior parte dei genitori, quando i bambini sono in questa fase delicatissima della loro vita in cui si fissano i primi apprendimenti, si prodighino a sottolineare come il proprio bambino abbia “imparato velocemente” a fare una determinata cosa, come sia “veloce” nel farla e come sia passato “velocemente” da un apprendimento a quello immediatamente successivo. Poi penso a come gli stessi genitori si sforzino di far fare ogni cosa ai propri bambini prima di tutti gli altri, anche sostituendosi a loro, se serve. Penso, ad esempio, a come i bambini vengono forzatamente tenuti in piedi pur non avendo ancora nessuna capacità, nè celebrale nè fisica, per affrontare la vita da bipede. Oppure penso a quanto velocemente vengano addestrati all’uso delle nuove tecnologie, con grande soddisfazione di chi li vede maneggiare abilmente un telecomando, un tablet o altro. Penso a come vengano fatti passare rapidamente da un'attività all'altra, da un gioco all'altro, da un luogo all'altro. Penso a come vengono catapultati rapidamente nella nostra dimensione caotica, a quante volte non siamo capaci di aspettare, di aspettarli. E allora penso al nocciolo della questione: LA VELOCITA’. Arrivare per primi, non importa per quale fine e soprattutto con quale mezzo, l’importante è arrivare primi!
E via così negli anni a venire: i primi al corso di nuoto o di canto, i primi in inglese, i primi a scuola, i primi e basta!
VELOCI, di corsa: prima degli altri ad imparare, primi ad arrivare.
La riflessione che nasce spontanea quindi è evidente: la velocità aiuta realmente a crescere? E in che modo?
Se il nostro organismo è strutturato per imparare a camminare solo quando tutte le articolazioni del nostro corpo saranno in grado di sostenerlo senza fatica e quando, nel frattempo, il nostro cervello avrà appreso sufficienti informazioni per interpretare il mondo con la visione di un bipede, perché noi ci ostiniamo ad anticipare questo momento? E cosa succede facendolo? Cosa insegniamo realmente ai bambini attraverso la velocità? Siamo sicuri che la velocità sia realmente l’unica via per ottenere i successi in così tanto ambiti?
E poi, quando i bambini saranno cresciuti e servirà tempo per fare tante cose, come ci giustificheremo con loro? Servirà tempo per leggere, tempo per studiare, tempo per riflettere, tempo per attendere. Servirà tempo per crescere, maturare e allora diremo loro che sono troppo piccoli, troppo bambini, troppo immaturi. E modificheremo le nostre aspettative, le nostre richieste e le nostre critiche. Diremo loro “possibile che non sei capace di stare fermo ad aspettare? Possibile che non riesci a concentrarti? Possibile che devi avere tutto subito?”.
Ci sono apprendimenti che sono legati a ciò che si fa come imparo a tirare un pallone in porta. Ma ci sono altri apprendimento, ben più profondi  e articolati, che necessitano di tempo e il tempo è una faccenda molto personale, senza paragoni, senza corse a chi arriva prima perché alla fine, lo scopriremo, c’è un tempo per ogni cosa!

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